Voci su Carlo Scarpa
Purtroppo, per ovvie ragioni anagrafiche, non ho mai potuto conoscere Carlo Scarpa di persona. Ci penso con un pizzico di rammarico ogni volta che visito per la prima volta una sua architettura. Le sue opere, infatti, mi colpiscono sempre nel profondo e in qualche modo mi parlano. Mi parlano di un tempo vicino, eppur così lontano dal nostro; di valori in via d’estinzione che sento ancora profondamente miei; di una bellezza che affonda le radici in una profonda conoscenza dell’arte e del sentire umano. E poi, a loro modo, mi parlano di lui. Ed è qui, nei puntini di sospensione abbozzati con gran raffinatezza da linee, spazi e superfici che nasce la mia curiosità verso il Professore. Di lui come uomo, più che di lui come architetto o docente. E questa cosa non me la so proprio spiegare…
Negli ultimi mesi ho avuto occasione di conoscere alcuni suoi studenti, due fidati collaboratori (gli architetti Guido Pietropoli e Fabio Lombardo) e Francesco Zanon, il fabbro che ha realizzato gran parte dei suoi capolavori dal Negozio Olivetti in poi. Sono stati incontri sempre molto interessanti, a volte addirittura toccanti. Perchè dalle parole di chi l’ha conosciuto bene emerge sempre un senso di profonda stima ed affetto. Inutile a questo punto dirti quanto può essermi piaciuto il libro “Voci su Carlo Scarpa”, edito nel 2015 da Marsilio, a cura di Ilaria Abbondandolo e Elisabetta Michelato – loro sì che le conosco di persona e le stimo moltissimo!
Il libro mette nero su bianco una serie di video-interviste condotte tra il 2002 e il 2010 (consultabili presso la Mediateca Carlo Scarpa) ai collaboratori dell’architetto. E per collaboratori intendo sia gli assistenti universitari e quanti collaborarono con lui nel suo studio, che gli artigiani che con il loro lavoro permisero alle sue idee di prendere forma. Ne esce un ritratto corale di una dolcezza unica…
Tra immagini delle sue architetture, disegni bellissimi, vecchie foto scattate in cantiere, nello studio, in viaggio, si dipanano racconti in cui ad emergere non è solo la figura di un professionista sempre fedele a se stesso, ma anche quella di un grande Uomo. Un uomo di una cultura vastissima, che mai disdegnava di ascoltare il parere altrui. Sia quello di uno studente, a cui dedicava ore e ore davanti ai suoi progetti di tesi; di un collaboratore, a cui affidava la realizzazione di progetti che, ahimè, non poteva firmare in prima persona; o di un artigiano, alla cui competenza esecutiva adeguava sempre le sue idee creative.
Gli aneddoti non si contano, come non si contano i ricordi narrati con l’immancabile rimando alle battute in dialetto veneziano fatte dal Professore. Ne ho sottolineati parecchi e quando ho iniziato a scrivere questo articolo pensavo di citarne un paio. Rileggendoli mi rendo conto, però, che il loro valore si coglie appieno solo all’interno dell’intervista. Estrapolarli dal loro contesto sarebbe un po’ come prendere un raffinato dettaglio di una qualunque opera di Carlo Scarpa e posizionarlo in una teca anonima all’interno di un museo. Semplicemente, non si fa!
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