“Michelangelo – Infinito”
“Quando divenne vecchio” (…) l’arte non l’appagava più. Voleva l’infinito”.
Termina così, con le parole di Auguste Rodin, lo splendido film che ritrae a tinte forti e vibranti la vita e la tormentata vicenda creativa di Michelangelo Buonarroti. Un uomo dal temperamento non facile, cresciuto da una balia a latte e polvere di marmo. Uno scultore abilissimo che sarà poi costretto ad reinventarsi pittore e architetto.
MICHELANGELO SCULTORE
L’impresa titanica della Cappella Sistina, che occupò l’artista per molti anni della sua vita, e la progettazione della Basilica di San Pietro, poi terminata modificando in parte l’idea originaria, tendono spesso a farci dimenticare che Michelangelo è prima di tutto uno scultore. Dove “prima di tutto” non ha solo un significato cronologico, ma vuole sottolineare che è proprio la scultura la tecnica artistica che il genio del Rinascimento sente più sua, quella con cui riesce ad esprimere meglio se stesso. E questo aspetto della sua personalità creativa il film Michelangelo – Infinito lo sottolinea a meraviglia.
Lo fa a partire dall’ambientazione, con Enrico Loverso nei panni dell’artista che recita per gran parte del film all’interno delle cave di marmo di Carrara in cui Michelangelo era solito andare a scegliere i blocchi da scolpire. E lo fa presentandoci quasi tutta la sua produzione scultorea, dalla leggendaria Testa di Fauno scolpita all’età di 14 anni – ora perduta, alla sua ultima opera. Quella Pietà Rondanini che con il non-finito socchiude le porte alla scultura moderna e fa sentire l’anziano artista già così vicino a noi.
In mezzo a questi due estremi cronologici sfilano tutti i suoi capolavori, dalla Pietà Vaticana al David, dal Mosè alle statue delle Cappelle Medicee. Sfilano in compagnia dei disegni preparatori, di alcuni versi dei suoi sonetti e delle parole piene di meraviglia di Giorgio Vasari. La telecamera entra nei più prestigiosi musei italiani, a Firenze, Roma, Milano e Città del Vaticano, e in punta di piedi inquadra dettagli impossibili da vedere dal vivo. Penso per esempio ai cinque incisivi di Cristo nella Pietà custodita a San Pietro e alle pupille a forma di cuore nella colossale statua di David.
Peccato solo per il poco risalto dato alla genialità delle sue soluzioni architettoniche, con il progetto per la Basilica pontificia accennato di sfuggita, le Cappelle Medicee analizzate solo dal punto di vista scultoreo e la Biblioteca Laurenziana saltata a piè pari. Un’opera che per me vale, da sola, un viaggio a Firenze…
IL MIRACOLO DELLA CAPPELLA SISTINA
Tra le scene più memorabili voglio ricordare quella con i due garzoni di bottega che vanno e vengono più volte dall’abitazione di Agnolo Doni. Il ricco mercante fiorentino aveva richiesto a Michelangelo un dipinto su tavola (a quanto si sa l’unico mai realizzato dall’artista), che però poi si rifiuta di pagare 70 ducati. Michelangelo, dopo essersi fatto restituire il quadro, alzerà ulteriormente il prezzo fino a venderlo al suo committente al doppio di quanto inizialmente richiesto. Un episodio che la dice lunga sul carattere del nostro, sulla consapevolezza del valore del proprio lavoro e sui rapporti instaurati con i suoi committenti, anche quelli più illustri.
Si pensi ad esempio al rifiuto iniziale con cui l’artista risponde alla richiesta di Giulio II di decorare la volta della Cappella Sistina. Salvo poi tornare sui suoi passi semplicemente per tener testa al giovane Raffaello, che stava nel frattempo decorando le Stanze Vaticane. Altra scena di forte impatto, che introduce quello che per me è stato il vero miracolo del film. Ovvero la possibilità di poter seguire Michelangelo passo a passo, prima mentre realizza la volta e poi alle prese con il Giudizio Universale.
Cerco di spiegarmi un po’ meglio. La Cappella Sistina è protagonista indiscussa di tutti i documentari su Michelangelo, ma mai è stata raccontata come in questo film. Partendo dalle fonti storiche relative all’ambiente pre-michelangiolesco e dal rilievo puntuale degli affreschi realizzati dal Buonarroti, un team specializzato ha ricostruito digitalmente la Cappella Sistina e “l’ha dipinta” scena dopo scena con l’ausilio della computer grafica. E’ così possibile seguire Michelangelo all’opera in cima alle impalcature secondo le “giornate di lavoro” ricostruite durante i restauri degli anni ’80.
Un lavoro immane, svolto in completa solitudine tra il 1508 e il 1541, che cambierà per sempre i destini dell’arte occidentale. E di cui qui si colgono l’immensa fatica fisica, i fallimenti operativi, l’evoluzione del pensiero creativo e la portata rivoluzionaria delle forme plastiche create dal pennello dell’artista. Perfettamente azzeccate in questo contesto anche la colonna sonora e le spiegazioni fornite da una voce fuori campo alle scene dipinte che scivolano lentamente sotto alla lente della macchina da presa.
Un film da vedere e rivedere, insomma. Specialmente in questo periodo di “arresto forzato” in cui viene replicato gratuitamente su Sky Arte…
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