“Tintoretto, un ribelle a Venezia” – il film
Ho sempre avuto un debole per Tintoretto, l’unico tra i grandi del Rinascimento – con Leonardo – capace di farmi battere il cuore fin dal primo incontro tra i banchi di scuola. Una simpatia innata che si è trasformata in profonda ammirazione quando, ai tempi dell’università, ho varcato per la prima volta la soglia della Scuola Grande di San Rocco e sono rimasta per ore con il naso all’insù. Le due mostre veneziane, inaugurate nel 2018 a Palazzo Ducale e alle Gallerie dell’Accademia per celebrare il cinquecentenario della nascita dell’artista, sono state poi il colpo di grazia. Da quel momento, infatti, non ho mai smesso di pensare alla creazione di un Viaggio a Tema dedicato proprio alla Venezia di Tintoretto. Se l’idea ti piace, non devi far altro che iscriverti alla Newsletter per conoscere in anteprima programma e date.
Inutile dire, quindi, che per nulla al mondo mi sarei lasciata sfuggire l’occasione di vedere al cinema il documentario prodotto da Sky Arte, che in questi giorni di arresto forzato da Covid19 guardo e riguardo ogni volta che lo passano in streaming. Cogliendo ancor più il coraggio del pittore che ha scelto di rimanere a Venezia negli anni tremendi della grande pestilenza che, sul finire del Cinquecento, ha ucciso in città quasi 50.000 persone.
Artista ribelle o spregiudicato?
Più guardo il documentario – fatto benissimo! – più mi rendo conto che il titolo, certamente di forte impatto, ha qualcosa che non va. Perchè Tintoretto non è mai stato un ribelle, non si è mai opposto apertamente ai grandi del suo tempo, colleghi o committenti che fossero. Perfino per Tiziano, che ha ostacolato la sua carriera in tutti i modi possibili e immaginabili, ha sempre avuto massimo rispetto, tanto da scrivere nella parete del suo studio “il disegno di Michelangelo e il colore di Tiziano”. Che dire poi dei suoi sforzi per accaparrarsi la committenza religiosa veneziana e dei tentativi fatti per diventare confratello di una delle Scuole più ricche e prestigiose della città? E dell’immensa tela con il Paradiso dipinta per Palazzo Ducale, ne vogliamo parlare? La Sala del Maggior Consiglio non mi sembra proprio il tipico luogo ambito da un pittore “ribelle”…
Che termine usare, quindi, per riassumere in un’unica parola la figura di Jacopo Tintoretto?
Ci ho pensato a lungo e, dopo aver visto per la terza volta il documentario, lo definirei semplicemente spregiudicato.
Spregiudicato non tanto nella scelta dei temi, spesso religiosi, quanto piuttosto nel suo atteggiamento. Davanti al cavalletto e in presenza della committenza. Penso alla scelta di usare una base scura per preparare le tele in modo da poter dipingere più velocemente, lasciando magari delle parti incompiute. Oppure al modo in cui si è spesso imposto sul mercato, con prezzi e “politiche di promozione” che oggi non esiteremmo a denunciare come concorrenza sleale. Si pensi ad esempio alle grandi pale per la Chiesa della Madonna dell’Orto, realizzate facendosi pagare solo il materiale pur di avere un’occasione importante per dimostrare cosa sapeva fare. O al modo in cui si è aggiudicato il soffitto della Sala dell’Albergo, ottenuto presentando – e regalando! – il quadro già pronto invece del semplice disegno richiesto dal concorso. Tattiche che il documentario illustra minuziosamente, sottolineando in questo modo la spregiudicatezza – e sotto certi aspetti la “venezianità” – di Jacopo, un pittore sempre in bilico tra un sentire profondamente religioso e un agire spesso privo di scrupoli.
Un documentario 10 e lode…
Come avrai già capito, questo documentario mi è piaciuto tantissimo. Ancor di più al cinema che in Tv. Sul grande schermo la bellezza di Venezia, i suoi intensi contrasti chiaroscurali e il modo in cui l’essenza pittorica della città lagunare si materializza nelle tele di Tintoretto emergono prepotentemente.
La narrazione fuori campo è avvincente e mai noiosa. Si alterna con gli interessanti interventi di alcuni specialisti chiamati ad illustrare la personalità umana ed artistica del pittore. Professori e storici dell’arte cedono spesso la parola a Melania Mazzucco, ideatrice del documentario e autrice de La lunga attesa dell’angelo, un romanzo storico sulla vita di Tintoretto. Al suo fianco compaiono anche una restauratrice, che presenta le scoperte emerse durante gli ultimi interventi nella Scuola Grande di San Rocco, e il regista Peter Greenway, che si diverte a sottolineare gli aspetti cinematografici dell’arte di Jacopo.
Insomma, è proprio un bel affresco corale dipinto a tinte forti nei luoghi simbolo della Venezia di Tintoretto da cui emerge la figura di un uomo già incredibilmente moderno. Un uomo che Jean-Paul Sartre non ha esitato a definire “il primo regista cinematografico della storia”…
Se ti ho incuriosito almeno un po’, ecco il trailer:
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