Ci rivediamo lassù, Pierre Lemaitre
Un titolo toccante e una foto di copertina di una bellezza struggente per un romanzo che a prima vista sembra alludere a un forte legame – amoroso, familiare, d’amicizia… ognuno può immaginare ciò che vuole – spezzato da una morte improvvisa. E invece nulla di tutto ciò: i due protagonisti non si sono mai rivolti la parola prima dell’incontro fortuito su un campo di battaglia nei giorni che precedono la fine della Grande Guerra. Un incontro che cambierà la vita ad entrambi e che è in qualche modo legato al tema della morte a cui allude il titolo del libro. Albert e Edouard si salvano infatti l’un l’altro: il primo mentre infuria un attacco che la voce narrante ci fa capire non essere necessario per l’imminente vittoria francese, il secondo nei mesi successivi all’armistizio, nonostante condizioni fisiche a dir poco disperate. Ed è così, con la morte che li guarda dritto negli occhi, che nasce l’amicizia tra due uomini diversissimi per storia personale, classe sociale e valori morali. Un’amicizia che sarà il filo conduttore di tutta la narrazione e che porterà i due protagonisti a una rivincita truffaldina sul destino crudele e privo di riconoscenza riservato a molti ex-combattenti. Un destino che riserva gloria ed onore ai morti e fame e sofferenza ai vivi.
La truffa in questione nasce da un’idea di Edouard e mira a farsi beffe e ad arricchirsi sulle spalle di chi vuole rendere onore ai caduti sui campi di battaglia. Inizialmente Albert contrasta il progetto dell’amico. Lo trova folle e crudele, ma alla fine collaborerà con lui nella vendita di monumenti ai caduti che non saranno mai realizzati, nonostante i soldi vengano incassati in anticipo. Un’idea dissacratoria che va a braccetto con l’orribile progetto di Pradelle, un ufficiale senza scrupoli impegnato fin dalle prime pagine del libro a rincorrere fama e ricchezza. Costi quel che costi, anche una gestione spietata degli appalti accaparrati per la sepoltura dei poveri resti di migliaia di giovani deceduti per difendere la patria. «E chi cazzo se ne fotte, porca puttana! Quando vengono a raccogliersi, i parenti mica scavano sotto la tomba per verificare che è proprio il loro morto?», dirà ad un certo punto Pradelle. Una frase che a mio avviso riassume alla perfezione tutti gli escamotage messi in atto per arricchirsi sul dolore altrui.
E’ proprio questa la tematica che mi è piaciuta di più e che mi porterà a consigliare questo libro a chi si appresta a visitare insieme a me il Sacrario Militare di Cima Grappa o quello di Asiago. Luoghi sacri alla patria, maestosi, che incutono preghiere e rispetto, ma che sotto sotto riflettono le idee e gli ideali del regime fascista che ne ha curato l’erezione. Raccontando la storia di questi monumenti militari accenno spesso agli spostamenti inflitti ai resti dei caduti prima di assicurar loro una degna sepoltura. Con questo non voglio dire che anche sul fronte italiano ci siano state le truffe machiavelliche descritte così bene nel romanzo, ma sicuramente l’arrivismo di certi ufficiali e la mancanza di scrupoli di alcuni sopravvissuti sono argomenti universali su cui è bene riflettere.
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