Il camino Veneto del ‘500
Non dimenticherò mai l’immenso stupore provato la prima volta che mi sono trovata dinnanzi ai camini “mostruosi” di Palazzo Thiene a Vicenza. Ero arrivata in Veneto da pochi mesi e mi stavo preparando a sostenere gli esami per diventare guida turistica della città di Andrea Palladio. Solo che fino a quel momento per me Palladio era sinonimo di classicità, proporzioni perfette, fredda eleganza e mai mi sarei aspettata due enormi bocche spalancate a far da cornice al focolare. Bocche che ricordano più i Giganti dipinti da Giulio Romano a Mantova che le decorazioni di altre ville e palazzi palladiani. Un riferimento non certo casuale, vista la vera storia di questo palazzo vicentino…
Lo stupore davanti ai camini di Palladio
Se hai già avuto occasione di fare insieme a me il tour Palladio, archi-star del Rinascimento, forse ricorderai i camini che abbiamo ammirato a Villa Emo, Villa Barbaro e a Palazzo Barbarano. Camini così diversi tra loro che spesso mi chiedete se sono davvero tutti di Palladio. Chiarito che Palladio nel suo trattato non si è mai occupato nel dettaglio della decorazione scultorea dei suoi edifici e tanto meno dei camini, sfrutto comunque la domanda per sottolineare il gusto per la varietas in epoca rinascimentale e l’abilità dell’architetto vicentino nel “proporre” – o nell’accettare? – al committente soluzione molto diverse fra loro.
Penso alla grande cappa in stucco di Palazzo Barbarano con la figura allegorica della Pace che emerge quasi a tutto tondo. Agli splendidi camini all’antica della villa di Maser, che sembrano appena usciti da uno scavo archeologico. E ai modernissimi e minimali camini in marmo a Fanzolo, che un giorno uno di voi ha accolto dicendo “mamma mia, questo qui starebbe benissimo anche in un loft newyorkese” – battuta che poi ho rigorosamente fatta mia!
Detto questo, capirai come mai qualche mese fa non ho resistito alla tentazione di acquistare un libro di 237 pagine intitolato proprio Il camino veneto del Cinquecento. Un libro di cui ignoravo completamente l’esistenza prima di mettere piede in libreria e che mi ha “chiamata” fin dal momento in cui ho varcato la soglia.
E leggendolo sai cosa ho scoperto?
Ho scoperto che Villa Godi – altra villa del tour in questione – non è solo la prima villa progettata da Palladio, quella in cui la scuola pittorica padovana sfida a suon di pennello la scuola veronese, ma è pure la villa in cui l’architetto sperimenta diverse tipologie di camino. E non inventandosele di sana pianta, eh!, ma ispirandosi alle idee di Peruzzi e poi a quelle di Raffaello e Giulio Romano per Villa Madama a Roma. Insomma, un motivo in più per amare questa villa che meno palladiana non si può.
Breve recensione al libro di Luisa Attardi
Il libro è molto interessante per gli addetti ai lavori, ma sinceramente non mi sento di consigliarlo a chi non ha una buona preparazione di fondo sull’architettura rinascimentale. Vi compaiono infatti nomi di artisti che i più non hanno sicuramente mai sentito nominare – anche se della levatura di Alessandro Vittoria o collaboratori di Palladio come Lorenzo Rubini, Bartolomeo e Ottaviano Ridolfi – e riflessioni sulla storia dell’architettura che potrebbero risultare noiose.
Mi sento invece di consigliarlo agli architetti e alle guide appassionate di Palladio, Venezia e ville venete perchè illustra in maniera molto dettagliata non solo lo sviluppo stilistico di nappe e cappe nel corso del Cinquecento, ma anche i riferimenti culturali che ispirarono certe scelte e le relative fortune. A cominciare da Vitruvio per arrivare poi a tutti i trattatisti del Rinascimento: Alberti, Filarete, Serlio e compagnia bella. Senza trascurare inoltre l’influsso che Raffaello, Michelangelo e le novità sperimentate da Rosso Fiorentino a Fontainebleau ebbero sull’arte italiana dell’epoca. Per non parlare poi dell’importanza dei camini della villa progettata da Jacopo Sansovino a Pontecasale per l’evolversi della storia di questo sontuoso elemento architettonico nella nostra regione.
Se posso permettermi una nota tra virgolette “negativa”, questa riguarda la struttura dell’opera. Il libro è strutturato in tre corposi capitoli che analizzano nel dettaglio quanto elencato poco fa e la descrizione dei singoli camini è inglobata tra queste profonde riflessioni. Ecco… personalmente avrei preferito tre capitoli più brevi contenenti solo gli argomenti preannunciati nei titoli, seguiti poi dalle schede dei singoli camini. Ovviamente ogni scheda dovrebbe avere foto, descrizione ed eventuale riferimento ai capitoli introduttivi se il camino in questione è di particolare importanza nello sviluppo della narrazione. Per quanto mi riguarda la lettura sarebbe stata più agevole perchè mi avrebbe permesso di concentrarmi sui tre saggi e poi solo sui camini di mio interesse.
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